Fantasmi e mormorii
Invece del fantasma evocato da Marx, potrebbe essere che per il mondo cominci ad aggirarsi un mormorio: non saremo entrati nell’era della rivoluzione? Gustavo Esteva traccia un breve quanto lucido resoconto della discussione che si è accesa, anche in Messico, con la successione di rivolte che sta scuotendo l’intero pianeta. Abbondano, naturalmente, i sospetti, le elucubrazioni e le dietrologie. Quel che conta, tuttavia, segnala Esteva è che quello di oggi, come ha scritto (anche su Comune-info) Raul Zibechi, «è l’inizio di qualcosa di nuovo». Le lotte più recenti non sono più per conquistare diritti negati o ridistribuire le richhezze, sono contro lo sfruttamento, l’ingiustizia e il capitalismo. Qualcuno insiste nel pensare che debbano essere guidate e organizzate dall’esterno per orientarle alla verità rivoluzionaria delle avanguardie ma milioni di donne e gli uomini si sono messe in movimento senza chiedere il permesso
di Gustavo EstevaChe razza di fantasma si aggira oggi per il mondo?
Sembra molto diverso da quello che Marx immaginò si aggirasse in Europa nel 1847. Un articolo del Guardian esprime un’opinione sul tema abbastanza generalizzata, soprattutto nella sinistra. In Egitto, come anche in Turchia o in Brasile, il cambiamento nasce nelle strade… ma manca di organizzazione. Le proteste, tanto diverse in ciascun paese, hanno in comune il fatto che «sono carenti di una base organizzativa coerente». Man mano che il neoliberalismo svuota il contenuto della democrazia e rende irrilevante il significato del voto «tendono a prosperare movimenti di protesta politicamente incipienti… (che) possono cambiare gli stati d’animo, rifiutare le politiche e far cadere i governi»… ma non vanno molto lontano. Si rivelano fiammate di stracci e vanno in pezzi, oppure forze più potenti li tengono in ostaggio o li mettono fuori strada (Milne, The Guardian, 2/6/13). È quello che sarebbe successo con Occupy Wall Street e #YoSoy132. Queste ribellioni democratiche urbane non riescono ad avere un’adeguata espressione politica perché «mancano ancora un programma, le idee… chiarezza teorica e politica» (Almeyra, La Jornada, 30/6/13).
Commenti di questo tipo vengono spesso accompagnati da diverse forme di denigrazione e sospetto. C’è, certamente, una mano sulla culla. La destra, evidentemente, vuole minare la popolarità dei nuovi dirigenti progressisti. C’è la Cia, senza dubbio, dietro le moltitudini egiziane. Questi commenti, i quali dicono sempre qualche verità, coincidono con le perplessità dei leader politici che denuncia Frei Betto: «Chi guida questo movimento se noi non ci siamo dentro?»(Alai-amlatina 6/7/13). Betto pensa sia una perplessità simile a quella di Marx di fronte alla Comune di Parigi o a quella della sinistra francese nei confronti del maggio 1968.
Dopo lo sconcerto iniziale, un certo consenso si è andato formando tra gli analisti. Per quel che riguarda il Brasile, si è fatta evidente l’insoddisfazione di ampi strati della popolazione, la crescente distanza tra i partiti e la gente, e la sordità della classe politica di fronte ai molteplici segnali di allarme che riflettevano l’inquietudine popolare (Nepomuceno, La Jornada, 24/6/13).
Spuntano consensi anche in relazione alle radici della mobilitazione. In Brasile, avrebbe fallito l’amministrazione assistenziale del neoliberalismo. I modesti progressi nella riduzione della povertà non compensano le disuguaglianze, tra le maggiori del mondo (Nadal, La Jornada, 26/6/13 y 3/7/13). Zibechi sottolinea l’estrattivismo urbano e quello finanziario e la crescita del prodotto di cui si appropriano i detentori del capitale. Sarebbe «l’autunno del progressismo» in América latina (La Jornada, 24 y 28/6/13).
Nell’esperienza immediata, far cadere governi dittatoriali o democratici sembra irrilevante o controproducente. La più grande mobilitazione della breve storia della Slovenia ha rovesciato democraticamente il suo governo democratico… e non è accaduto niente. Gli iniziali successi della primavera araba contro le dittature, sono ancora tra le parentesi e i puntini sospensivi… malgrado si annunci un’estate calda a Tunisi, come in Egitto e nel resto dell’area.
E tuttavia, quello di oggi non sembra essere un semplice fantasma. Non bastano più, come vogliono Boaventura de Sousa e tanti altri, un approfondimento della democrazia, che la renda più partecipativa e inclusiva, e la redistribuzione della ricchezza prodotta (La Jornada, 23/6/13). Quello di oggi, come dice Zibechi, «è l’inizio di qualcosa di nuovo». È irrilevante domandarsi chi saranno i beneficiari della crisi politica tra i partiti della destra e della sinistra. «Oggi la realtà è la strada e lì si gioca il futuro» (La Jornada, 28/6/13). Si gioca in un’intensa battaglia ideologica, quando capitalisti e lavoratori si contendono i giovani, sostiene Stédile, il dirigente del Mst. «Nessuno sa quale sarà il risultato. In ogni città, in ogni manifestazione, abbiamo bisogno di contendere cuori e menti. Chi resta fuori, rimarrà fuori dalla storia» (Stédile, La Jornada, 25/6/13).
Invece di un fantasma si aggira per il mondo un mormorio. Non saremo entrati nell’era della rivoluzione? Forse sì? Com’è accaduto a Marx nel 1871, la perplessità si può trasformare in entusiasmo. Sembra che le mobilitazioni non siano solo contro un dirigente, una politica o un’istituzione ma contro un regime di accumulazione e la sua forma politica. La lotta sociale non è più solo per certi diritti negati o sul criterio con cui distribuire il surplus economico, ma contro lo sfruttamento, l’ingiustizia, il capitalismo. Più che pensare a come guidare masse disorientate, per condurle alla verità rivoluzionaria delle avanguardie e degli illuminati, potrebbe essere arrivata l’ora di lasciarci guidare dagli uomini e dalle donne comuni che si sono messi in movimento… con la loro chiarezza teorica e politica e la loro organizzazione.
Traduzione per Comune-info: m.c.
Fonte La Jornada (link).
Gustavo Esteva vive a Oaxaca, in Messico. I suoi libri vengono pubblicati in diversi paesi del mondo. In Italia, sono stati tradotti: «Elogio dello zapatismo», Karma edizioni: «La Comune di Oaxaca», Carta; e, proprio in questi mesi, per l’editore Asterios gli ultimi tre: «Antistasis. L’insurrezione in corso»; «Torniamo alla Tavola» e «Senza Insegnanti». In Messico Esteva scrive regolarmente per il quotidiano La Jornada ma i suoi saggi vengono pubblicati anche in molti altri paesi. In Italia collabora con Comune-info.
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Dispersione quotidiana ribelle, il viaggio di Gustavo Esteva
Foto: proteste e rivolte in Egitto (foto in alto), Brasile (seconda foto), Bulgaria (terza), Tunisia (quarta).
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